Malattie rare, una mamma racconta l’importanza della diagnosi precoce

«Quando, tre anni fa, hanno diagnosticato l’alfa-mannosidosi severa a mio figlio la prognosi era delle più negative. Se ci penso oggi e poi lo vedo camminare, saltare e interagire con i suoi coetanei, mi sembra un miracolo». Monica è la mamma di T. e ricorda perfettamente il momento in cui hanno individuato una malattia rara nel suo bambino. Poche le speranze quel giorno: la forma severa di alfa-mannosidosi ha una progressione molto rapida e degenerativa, che rischia di coinvolgere subito l’apparato nervoso centrale, compromettendo del tutto lo sviluppo e la qualità di vita di un bimbo. Ma T. ha dalla sua tre fortune: il sesto senso della mamma, che si impunta su un sintomo che proprio non la convince; la sensibilità del pediatra, che decide di approfondire il caso; e la rapidità di due dottoresse, che in pochi giorni riescono a dare un nome alla sua malattia.

L’alfa-mannosidosi è una malattia degenerativa che fa parte delle mucopolisaccaridosi, un gruppo di patologie metaboliche ereditarie appartenenti alla famiglia delle malattie da accumulo lisosomiale, che si caratterizzano per l’accumulo, all’interno dei tessuti e degli organi, di grandi molecole che sono prodotti di degradazione del metabolismo. Queste molecole non possono essere smaltite dalle cellule per la mancanza di specifiche proteine, dette enzimi, che agiscono nei lisosomi, piccoli organelli della cellula dove normalmente avviene il processo di degradazione e smaltimento dei prodotti cellulari di scarto.

La prognosi per l’alfa-mannosidosi può cambiare radicalmente se si interviene subito. È il caso del piccolo T., che grazie a una diagnosi precoce è riuscito a combattere la patologia. «Fin dai primi mesi ho notato piccole stranezze, un po’ di rigidità muscolare, infezioni respiratorie ricorrenti, un’ernia inguinale. Ma non erano sintomi significativi. Finché un giorno ho sentito una piccola protuberanza all’altezza delle vertebre lombari e ho condiviso la mia preoccupazione con il pediatra», racconta Monica. «Dopo la mia segnalazione, il medico ha deciso di approfondire con ecografie e altre visite e da un referto è emerso un segno importante, ossia un leggero ingrossamento degli organi e della milza». Deformazioni e frequenti infezioni a carico delle vie aeree rientrano tra i sintomi dell’alfa-mannosidosi, ma la sintomatologia è estremamente variabile e può comprendere anche alterazioni dei lineamenti del volto, disturbi del linguaggio, problemi cardiaci. Distinguerli e categorizzarli non è semplice. Tuttavia, l’intuizione di trovarsi di fronte a qualcosa di raro fa sì che la mamma di T. venga indirizzata a una clinica pediatrica per le malattie genetiche e metaboliche della sua regione, dove due pediatre diagnosticano l’alfa-mannosidosi nel giro di due settimane.

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Da quel momento in poi T. viene preso in carico dall’ambulatorio specializzato. La terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di midollo osseo sono i due interventi tempestivi che i dottori suggeriscono per salvare il bambino. Per la valutazione del trapianto, le dottoresse mettono in collegamento la famiglia del piccolo con un centro specializzato romano. «Siamo stati fortunatissimi», afferma Monica. «La diagnosi rapida ottenuta quando il sistema nervoso di T. non era ancora troppo coinvolto, ha reso possibile l’intervento. Se i sintomi clinici fossero stati più avanzati, la fattibilità del trapianto sarebbe stata compromessa». Così il bimbo inizia la terapia sostitutiva un mese dopo la diagnosi e la continua fino ai due anni, anche dopo il trapianto, finché i valori post intervento non si stabilizzano. «Durante la terapia dovevamo andare in ospedale una volta alla settimana per un’iniezione di un’ora e mezza», – ricorda Monica. «Oggi mio figlio fa controlli di routine, ma può condurre una vita normalissima, al pari di quella di altri bambini».

Monica ha colto il valore della rete creata dai medici, nonostante la difficoltà iniziali a reperire informazioni e a trovare esperienze condivise sull’alfa-mannosidosi. Un ostacolo, in realtà, che incontrano tante persone che hanno a che fare con una malattia rara. Perciò è importante raccontare, testimoniare e sensibilizzare. È questo uno degli obiettivi della Giornata mondiale delle mucopolisaccaridosi, che si tiene il il 15 maggio.

«Accedere a informazioni, a storie, è prezioso», conferma Monica. «Ti danno la possibilità di capire, scegliere, nutrire speranze. Soprattutto se si trovano esperienze positive come la mia». La storia di T., che oggi inizia recuperare le tappe rimandate a causa della malattia, può essere linfa vitale per famiglie con lo stesso problema o simili. A loro è rivolto l’appello di Monica: «Dico a tutte le mamme di non desistere. Se notano nel loro bambino qualcosa che non le convince, devono impuntarsi, perché noi madri abbiamo un sesto senso. E soprattutto devono credere nella scienza e nei medici. Quando vedo T. vivere provo una gioia immensa, perché all’inizio non sapevo niente, ma ci ho sempre creduto».

Contenuto realizzato con il contributo non condizionato di Chiesi Global Rare Diseases Italia